Con la messa in opera della nuova strada, il giro di affari cominciò a crescere e arrivarono nuovi avventori: i cosiddetti “villeggianti”, le famiglie parmigiane per il pranzo domenicale, il dottore, l’avvocato alla ricerca del “genuino fatto in casa”, i primi pranzi di nozze.
Cominciava a cambiare anche il tessuto sociale circostante, dove l’agricoltura di sussistenza e vicinato veniva via via sostituita con il lavoro dipendente. I contadini si trasformavano in operai per le industrie di Parma, Milano, Torino. A Fragno rimanevano solo gli anziani, i figli tornavano solo in estate.
In questo nuovo spaccato storico e sociale cominciava a cambiare anche la Trattoria: il prodotto non poteva più essere a Km zero, i clienti e le richieste aumentavano, e le uova del vicino, così come tutto il resto, non erano più sufficienti…
Ecco che si compie e si produce la grande trasformazione: il territorio non riesce più a sostenere le necessità del ristorante, quindi si cerca il macellaio di vicinato, una persona con la quale interagire e socializzare, tutto ancora molto lontano dalla grande distribuzione di oggi dove i rapporti tra chi produce e chi trasforma sono inesistenti. So per certo che mio padre, unico depositario del rito della “spesa”, non è mai entrato in un supermercato. La sua non era affatto una scelta ideologica ma voleva acquistare solo da chi si fidava, e dai miei ricordi spunta la sua affermazione consueta e ripetuta : “aveva la roba buona anche se era più cara”.
Io da tutto questo mondo mi ero allontanata, con grandi sogni di cambiamento verso un futuro migliore…In quegli anni studiavo a Parma e poi a Bologna. Tornavo a casa nel fine settimana e mi riempivo lo zaino di manicaretti per allietare le tavole tristi di noi studenti universitari. Ricordo ancora tanti amici che davanti ad un buon salame dimenticavano improvvisamente di essere “macrobiotici”…
Eppure ricordo quegli anni molto difficili per me e i compagni che hanno vissuto in quel periodo la morte dei sogni. Anni cupi di viaggi continui per scappare con la scusa di ricercare qualcosa, quel “cercare Godot” cantato da Claudio Lolli….. Ma il mio porto temporaneo, tra una burrasca e l’altra, rimaneva sempre la Locanda, che alla stregua delle vecchie osterie accoglieva senza chiedere, consolava e confortava con una bottiglia condivisa.
Nonostante tutto, non era quello che cercavo in quel momento. Inquadravo la trattoria come la casa e il luogo dei miei genitori e non il mio, io che cercavo giustizia, uguaglianza e bellezza. Solo più tardi incominciai a capire quanto tutto questo fosse scolpito nella loro vita, nella loro quotidianità, e nella piccola comunità di Fragno.
Nel frattempo, gli sconvolgimenti economici e sociali degli anni 80 determinarono per gli abitanti e le piccole comunità un durissimo colpo.
Prima di tutto lo spopolamento definitivo della collina, la chiusura dei piccoli caseifici e dei piccoli negozi trasformati oramai in seconde case, laddove esisteva prima una microeconomia, una vita, una socialità.
Anche la nostra attività, che negli anni 70 aveva vissuto un momento brillante con le camere estive dell’albergo, la bottega e i matrimoni, diventò vittima della trasformazione sociale che portava i villeggianti a Marina di Massa e i clienti delle botteghe ai primi supermercati, nonché le feste di nozze in “location” senza dubbio più accattivanti che facevano sentire gli sposi principi nel giorno più bello della loro vita (almeno così raccontavano..!)
Continuava per fortuna a funzionare il bar e la trattoria, ma le nonne, antica anima della cucina, non se la sentivano oramai di andare avanti. Ho fortemente avvertito che, in quel momento, c’era bisogno della mia presenza. Non ho ricevuto alcuna pressione, sarei stata libera di “chiudere baracca e burattini” e di trovare una mia strada ma sono ancora qui, e.. loro non ci sono più. Non ho ancora ben compreso se fu una vera e propria scelta o difficoltà di scegliere…
Fatto sta che la Trattoria per andare avanti aveva bisogno di forze nuove: ecco arrivare Laura che affiancando Maura, Anna e Susi, si alternava con loro tra sala e cucina.
In quel momento si chiuse purtroppo la storia della bottega e dell’albergo ma ebbe inizio il mio percorso nel mondo del vino dove godevo di piena autonomia. Allora era un mondo estremamente diverso da quello che frequento ancor oggi. Grandi aziende, grandi nomi e grandi prezzi ai quali non si poteva rinunciare se si voleva allestire una cantina degna di nota. Un vero bagno rosso sangue…..
In trattoria le bottiglie erano proposte con ricarichi veramente esigui e la Carta dei vino portava una clientela di appassionati, abituati alla cucina stellata, che si “accontentavano” della cucina di osteria per degustare bottiglie costose a prezzi amichevoli. Non erano certo clienti che potessero entrare in sintonia con noi, ma ho potuto conoscere anche veri appassionati con i quali era molto interessante condividere un buon vino che da soli, né io né loro, avremmo potuto permetterci.
Cucina, Passioni
racconti di Vita
Tra questi avventori c’e stato anche Guido, da 27 anni mio marito, conosciuto, proprio come cliente, al tavolo della Trattoria e arruolato sin da subito come cameriere perché mia madre non poteva accettare che al sabato sera si occupasse un tavolo per una sola persona…
Guardato all’inizio con sospetto, poiché “straniero” (proviene da Cortemaggiore nel piacentino) riuscì in poco tempo, per la sua bravura, a conquistare tutti, tranne, era ovvio, mio padre, in competizione per la figlia unica e un po’ anche perché era l’unico, così giovane, che riusciva a tenergli testa nel gioco delle carte.
UN NUOVO CAPITOLO PER LA LOCANDA
Guido era un grande appassionato di vini e distillati ma la sua vera passione è la musica e la riproduzione della stessa. In quel periodo aveva un negozio di Hi-Fi a Fidenza dove lavorava tutto il giorno e alla sera saliva a Fragno per aiutarmi. Ah, Santo era e Santo è rimasto anche per amare e sopportare una depressa, insicura e insoddisfatta perenne!